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FRASI PENSIERI RIFLESSIONI Le più belle,le più o meno note,le personali. |
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13-10-15, 15:13 | #901 |
Riferimento: arciere
Un ragazzo di umili origini era follemente innamorato della figlia di un uomo molto ricco e altolocato. Un giorno il ragazzo fece una proposta di matrimonio alla ragazza che seccamente rispose: – Stai scherzando? Il tuo stipendio mensile equivale a quello che spendo in un giorno! Come posso minimamente pensare di essere tua moglie? Non potrò mai innamorarmi di una persona come te. Dimenticami e trova una persona del tuo stesso livello –
Per il povero ragazzo fu un colpo tremendo. Passarono gli anni, ma quella ferita rimase sempre aperta e lui non dimenticò mai quelle parole. Circa dieci anni dopo i due si rincontrano casualmente in un centro commerciale. Quando lei lo vide, subito disse: – Hey, quanto tempo! Come stai? Ora sono felicemente sposata. Mio marito è un uomo molto intelligente e un esperto uomo d’affari. Sai quanto prende? 15.000 euro al mese – Nel sentire quelle parole, gli occhi dell’uomo diventarono lucidi e qualche lacrima scese sul suo viso. Nonostante i dieci anni, ancora non aveva del tutto superato quel rifiuto. Pochi secondi dopo il marito di lei fece ritorno dalla toilette e, prima che la moglie potesse dire una parola, nel vedere l’uomo esclamò: – Capo, anche tu qui! Che piacere incontrarti! Vedo che hai conosciuto mia moglie – Poi si girò verso la moglie e disse: – Lui è il mio capo. Il progetto da 100 milioni di euro al quale sto lavorando da tanto è suo. Nonostante le sue doti e il suo talento ha deciso di rimanere single. Lui tempo fa ha amato follemente una ragazza, ma non è mai riuscito a conquistare il suo cuore perché non rientrava nei suoi “standard economici”. Pensa che beffa! Ora lui è uno degli uomini più ricchi della città |
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#1.5 | |
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14-10-15, 00:23 | #902 |
Riferimento: arciere
Copio e incollo le meravigliose parole scritte da una volontaria giornalista, in memoria di una delle tante vittime innocenti della razza umana.
Per te piccola Memole 7 ottobre 2015 Ti scrivo queste poche righe con un macigno sul cuore perchè è solo questo quello che posso fare per te. Ti scrivo perchè non riesco a togliermi dagli occhi e dal cuore la tua immagine che rappresenta, da sola, tutto il male e l’indifferenza di cui può essere capace l’essere umano. I tuoi occhietti bassi, come chi ha paura del mondo perchè è stata troppa la sofferenza che ha patito, il tuo corpicino scheletrico, provato dalla fame e da chissà quali altri maltrattamenti… Tutto di te, quel poco che resta di un cane, mi tormenta l’anima. Sei una cucciola di appena due mesi, abbandonata dentro uno scatolone , sotto la pioggia battente, da qualche vigliacco umano davanti ad un canile a Palermo. Due mesi e meno di tre kg di peso, tanto sei gracile. Un mucchietto di pelle e ossa, piena di larve e di morsi, abbattuta, fradicia di pioggia e gelata. Una creatura ridotta a niente, buttata via come uno straccio, senza pietà nè rispetto per quegli occhi imploranti. Tu che l’hai abbandonata in quelle condizioni ce l’hai un figlio, una madre, un affetto? Prova stasera a guardare gli occhi di tuo figlio, ci troverai quelli di Memole, quelli di tutte le creature indifese che noi umani dovremmo proteggere e amare! Anche lei sente il dolore, come tuo figlio, come te, ha paura, fame, freddo e ha bisogno d’amore e di rispetto! Come puoi incrociare gli occhi di tuo figlio senza provare vergogna per quello che hai fatto? Il canile è chiuso ma arriva a soccorrerti Salvatore con il suo gruppo di volontari, angeli in una terra difficile come la Sicilia. Angeli che hanno compiuto tanti miracoli, come quello di Priscilla (LEGGI) e di tante altre povere creature soccorse in condizioni pietose alle quali è stata resa la vita e la dignità. Ti hanno subito dato un nome; il primo passo per affermare la tua esistenza e la tua identità di creatura vivente. Ti hanno chiamata Memole, come un personaggio di un cartone giapponese, una piccola dolcissima extraterrestre che doveva cercare di sopravvivere sulla Terra. Memole, dolce Memole cantava la sigla di quel cartone…cerca di resistere su questa terra. Sei stata subito portata in clinica ma la tua situazione è apparsa subito gravissima. Non riesci a camminare. Ti trascini sulle gambe anteriori per via di una probabile lesione alla colonna, forse sei stata picchiata con un bastone. Come si fa a picchiare una creaturina minuscola e inoffensiva come te? Quale inferno dentro doveva avere il mostro che ha sfogato su di te tutte le sue frustrazioni? Ma il destino è ancora troppo crudele con te piccola Memole; hai anche il maledetto parvovirus. Ci vorrebbe solo un miracolo adesso! Speriamo tutti che si ripeta la grazia che ha fatto si che Priscilla e tante altre povere anime si salvassero. Io non so che cosa pensano i cani però so come soffrono. Perché il linguaggio del dolore lo riconosci, non ascoltando, guardandolo. Ho lo sguardo di Memole puntato dritto al cuore a farmi male e altro non posso fare che piangere per te e per tutti gli sguardi innocenti della terra, siano di animali, di bambini di anziani. Prego, a modo mio, insieme a tanti altri amici animalisti, che questa vita venga risparmiata e risarcita, che il destino di Memole non venga interrotto ora che ha conosciuto solo dolore ma che possa avere la possibilita’ di conoscere mani buone, tante carezze, pappe deliziose e cuscini morbidi sui quali dormire. Ma Memole, tenuta sotto stretto controllo medico, non migliora. Non mangia e non lotta. Non reagisce neanche all’amore e alle carezze dei volontari. Troppo è stato il dolore, troppa la sofferenza. La morte deve sembrarle una liberazione da ogni dolore, da ogni maltrattamento. Memole alza la testina tenuta sempre china e la porge alla mano delicata del volontario che l’accarezza dolcemente . Quella carezza è un ponte, un messaggio d’amore e di accoglienza, autentica cognizione del dolore dell’altro, tocco della vita. Con quella carezza Memole si riconcilia con il mondo, ricambia gli occhi del primo umano dal quale ha ricevuto amore e con un sospiro si lascia volare via… In quel sospiro, prima di morire, c’ è tutto il dolore di una vita non vissuta, di un destino segnato dall’indifferenza, dall’incuria e dal non amore di chi invece si sarebbe dovuto prendere a cuore la vita di una creatura cosi piccola e indifesa. La crudelta’ verso gli animali è una temibile scuola di insensibilità alle sofferenze altrui. E’ ormai nota da tempo, infatti, la stretta correlazione tra gli atti di crudeltà verso gli animali e la presenza di problemi psicologici di vario tipo, legati in particolare a realtà familiari violente o degradate. Al contrario, l’empatia nei confronti degli animali può produrre effetti positivi sullo sviluppo dei bambini e degli adolescenti. “Insegnare ai bambini ad avere un buon rapporto con gli animali”, spiega Francesco Robustelli dell’Istc-Cnr, “può convincerli che la razionalità umana è in grado di produrre un ordine sociale diverso da quello attuale e nello stesso tempo differente dall’ordine naturale”. L’animale, insomma, può essere un ottimo veicolo educativo e può aiutare a instaurare un corretto rapporto con le diversità in un contesto di rispetto e tolleranza. E allora facciamo che il sacrificio di una, cento, mille Memole che ogni giorno volano via, dopo inenarrabili sofferenze causate dall’egoistica visione antropocentrica dell’uomo, non sia stato vano. Tu che mi stai leggendo, fai un regalo a Memole, fatti un regalo. Ogniqualvolta incontrerai due occhietti bisognosi, non voltarti dall’altra parte, ma fai qualcosa per quella creatura in difficoltà. Qualsiasi cosa, anche una dolce carezza è sempre meglio dell’indifferenza, è sempre un atto d’amore, un ponte che collega due cuori e li fa sentire meno soli perché, ricorda, l’amore che torna è solo l’amore che dai. |
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14-10-15, 15:28 | #904 |
Riferimento: arciere
Ogni giorno, ogni singolo giorno
ha sempre un regalo per te, c'è chi ti ha regalato un sorriso, c'è chi ti ha regalato una parola c'è chi ti ha regalato un abbraccio c'è chi ti ha regalato la buonanotte... e poi c'è la vita che ti ha regalato tutto ciò in un unico singolo giorno |
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15-10-15, 15:56 | #905 |
Riferimento: arciere
Una radice, tante case
Chi si allontana dalle proprie radici, soprattutto se sono fatte di terra, servitù e fatiche oscure, senza storia, sa che ne porterà per sempre le tracce, nascoste nei sussulti emotivi, nei gesti, nell’intonazione della voce, nei risvolti delle parole o di una frase; ma se qualcuno dimostra di averlo notato, se ne ritrae con imbarazzo, quasi fosse stato violato un naturale pudore. Sono tante le persone, uomini e donne, di ogni età, che ho spinto a ritornare sui propri passi, a riappropriarsi di esperienze remote, a dire l’impresentabile della vita, dei corpi, degli amori, della sofferenza, degli «oggetti seppelliti» nella dimenticanza. Ma è come se, ogni volta, avessero parlato e scritto per me. Ho invidiato Ermanna Montanari, Marco Martinelli e Giuseppe Bellosi, miei conterranei, per aver nutrito di umori, suoni, grammatiche contadine e dialettali le loro creature artistiche, teatrali e poetiche. Li ho invidiati per non aver dovuto separare i piedi dalla testa, l’origine dalla storia, la natura dalla cultura, passioni antiche inconfessabili dalla loro traduzione colta e ragionata. La sensazione forte, duratura, di aver avuto due vite, di cui una lunghissima, scandita dal ritmo lento delle stagioni e dalle pedalate lunghe della bicicletta con cui raggiungevo la scuola ogni mattina, sta lì a segnare un confine invalicabile tra sponde che si toccano senza intersecarsi, storie che si riconoscono senza parlarsi, fisionomie di cui è innegabile sia la parentela che l’estraneità. A marcare il distacco e una lontananza che tuttora mi appare incolmabile, non sono certo le poche ore di treno che separano Milano da Lugo di Romagna, né lo strappo, sia pure violento, che quarant’anni fa mi spinse a cercare fuori dal paese, da un destino già concluso tra famiglia e scuola, nuove e imprevedibili occasioni di vita. Non ho mai smesso di costruire paesi nei luoghi dove mi sono trovata a insegnare, nel cuore di città o di quartieri, né ho mai rinunciato al desiderio di insegnare ad adulti, che potevano essermi parenti, la lingua degli studi e degli autori che ho amato. Ma erano confini, appartenenze, famiglie sociali che, pur avendo radici antiche, più o meno riconosciute, godevano della libertà di ogni costruzione, consapevole delle proprie potenzialità e dei propri limiti. Ogni volta che ho sentito stringersi intorno a me l’interno di una casa, di un quartiere, di una scuola, di un gruppo, sia pure scelto, ho creduto di dover rifare quel «passo a lato» che anni prima mi aveva portato lontano dal paese, ma la destinazione a quel punto non era più ignota. Se tutt’ora mi sento «a casa» in ogni città, in ogni compagnia o gruppo di persone accomunate da progetti temporaneamente condivisi, è perché c’è sempre una campagna che salda vincoli duraturi e una città che li alleggerisce, rendendoli mobili e inafferrabili. Gli alberi, le fioriture primaverili, le macchie gialle del grano, le sponde di un canale e persino i campi arati, non hanno mai smesso di commuovermi, di raccontare, attraverso parole inarticolate e subito respinte, di altre ben più precise sensazioni e sentimenti ormai sepolti, come la vecchia cascina abbandonata tra moderne costruzioni industriali, dentro una pietosa coltre di rampicanti. Ma quando ho voluto ritrovare la natura, ho cercato paesaggi molto diversi da quello a me noto: i fondali verde azzurri dell’isola di San Pietro (Carloforte), dove torno da più di trent’anni. Paese di elezione, unico sogno di armonia riuscito, amore che si rinnova con immutata intensità a ogni inizio estate. Chi può dire dove e quale sia per ogni singola vita il luogo della nostalgia e del ritorno? Una grotta corrugata da onde instancabili, abissi marini particolarmente luminosi, muovono tempeste inaspettate di pensieri, evocano drammaturgie senza tempo, che ci sono inconsapevolmente famigliari. All’opposto, le pietre di una casa mangiate dal tempo, dall’incuria e dalla voracità delle piante selvatiche, mandano un’eco sbiadita, impercettibile, dei corpi, delle voci e delle passioni che l’hanno abitata per un tratto non breve di anni. lea melandri |
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16-10-15, 03:53 | #906 |
Riferimento: arciere
Chi per professione o destino, conosce il vero volto della violenza e della morte, se è saggio, sceglie la via della Pace e della Vita. Quando qualcuno mi parla, non guardo il suo aspetto o le sue movenze: ne ascolto il Cuore.
"Migliorando me stesso, miglioro il mio mondo". (Adam Kadmon) |
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16-10-15, 14:47 | #907 |
Riferimento: arciere
....Non entrare nella vita di qualcuno se non riesci ad essere un dono. Quando qualcuno entra inaspettatamente nella tua vita, cerca di capire quale dono è venuto a ricevere da te. felice weekend ...Do not go in someone's life if you can not be a gift. When someone unexpectedly enters your life, try to understand what a gift has come to get you....
* N.D. Walsch * |
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18-10-15, 16:14 | #908 |
Riferimento: arciere
La forza delle Parole
Fammi ancora essere figlio. Solo una volta. Una volta sola. Poi ti lascio andare. Ma per una volta ancora, fammi sentire sicuro. Proteggimi dal mondo. Fammi dormire nel sedile dietro il tuo. Guida tu, che io sono triste e stanco. Ho voglia che sia tu a guidarmi, papà. Metti la musica che ti piace. Che sarà quella che una volta cresciuto piacerà a me. Fammi essere piccolo. Pensa tu per me. Decidi tu per me. Mettimi la tua giacca, che a me sembra enorme, perché ho freddo. Prendimi in braccio e portami a letto perché mi sono addormentato sul divano. Raccontami storie. E se sei stanco non farlo. Ma non te ne andare. Ho voglia di rimanere figlio per sempre. Abbracciami forte come dopo un goal. Dormi ora, come hai fatto per una settimana su una sedia accanto al mio letto in ospedale. Rassicurami. Carezzami la testa. Lo so che per tutti arriva il momento in cui devi fare da padre a tuo padre. Ma io non voglio. Non ora. Voglio vederti come un gigante. Non come un uccellino. Non andare papà. Ti prego. Fammi essere ancora tuo figlio. Fammi essere sempre tuo figlio. Gabriele Corsi |
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19-10-15, 07:19 | #909 |
Riferimento: arciere
C'è un luogo dove la pace della natura...
filtra in noi come la luce del sole tra gli alberi... Dove i venti ci comunicano la loro forza... e gli affanni si staccano da noi come foglie... Non è difficile arrivarci: basta guardarsi dentro e avere un cuore pulito... (Romano Battaglia) |
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21-10-15, 00:01 | #910 |
Riferimento: arciere
La morte non è niente. Sono solamente passato
dall'altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace san agostino |
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arciere, awards, medaglia, planetario |
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