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FRASI PENSIERI RIFLESSIONI Le più belle,le più o meno note,le personali. |
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04-11-12, 16:28 | #81 |
Riferimento: arciere
Un re del tempo antico aveva un ministro molto saggio che, qualunque cosa accadesse, sentenziava:" Ciò che Dio vuole è per il meglio!" Questa esclamazione non sempre riscuoteva l'approvazione del re che non aveva la stessa fede in Dio del suo saggio ministro. Una volta il re rimase ferito in battaglia e anche in quell'occasione il ministro sentenziò, come sempre:" Ciò che Dio vuole è per il meglio!"
Questa volta il re andò su tutte le furie: come osava il ministro dire una cosa di questo genere, che cosa ci poteva mai essere di buono per lui nell'esser stato ferito? E così fece imprigionare il ministro che accettò senza batter ciglio quell'ingiusta punizione con la solita esclamazione: "Ciò che Dio vuole è per il meglio!". Vinta la guerra il re tornò al suo passatempo preferito: la caccia. Proprio durante una battuta di caccia, mentre cavalcava nella foresta, alquanto lontano dal suo seguito, il re fu improvvisamente circondato da una banda di briganti, adoratori della dea Kalì, alla quale essi solevano offrire ogni anno un sacrificio umano. Destino volle che questa volta la vittima designata fosse il re stesso, che fu incatenato e portato nel tempio. Ma la vittima sacrificale deve essere fisicamente perfetta e non presentare menomazioni di sorta, perciò quando il sacerdote di Kalì si accorse della ferita del re, decretò che questi non era adatto a essere sacrificato e lo lasciò tornare libero al suo palazzo: quella ferita gli aveva salvato la vita! Il re si rese conto che il ministro aveva avuto ragione e lo fece immediatamente liberare e reintegrare nella sua carica. Quando il ministro fu alla sua presenza, il re gli raccontò l'accaduto e aggiunse:" La mia ferita è stata davvero per il meglio, perché grazie a essa sono sfuggito alla morte, ma che cosa ne hai guadagnato tu, che sei rimasto rinchiuso in prigione?". Il ministro rispose: "Maestà, se non fossi stato in prigione, sarei stato accanto a voi nella foresta; i banditi avrebbero catturato anche me e, dal momento che il mio corpo è intatto, avrebbero sacrificato me al vostro posto". Il re ammirò la saggezza del suo ministro e da allora lo tenne nella più alta considerazione. |
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#1.5 | |
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04-11-12, 16:29 | #82 |
Riferimento: arciere
Per anni e anni Ghior girò il mondo alla ricerca di qualche risposta ai suoi affannosi "perché?". Da piccolo aveva perso la mamma e il papà e aveva dovuto arrangiarsi per vivere, subendo ogni sorta di privazioni. La vita, tra imprevisti, delusioni e accidenti di ogni tipo, non gli aveva mai sorriso veramente.
Ora, stanco e arrabbiato, stava per abbandonarsi definitivamente allo sconforto, ma, prima di mollare la presa, decise di fare un ultimo viaggio per il mondo e, preparata alla buona una sacca con cibo e vestiti, s'incamminò alla ricerca di risposte. Dopo molto tempo, una notte molto fredda, arrivò in un piccolo villaggio, poche tende di pastori, qualche fuoco e molte stelle. Entrò in una delle tende e vicino al fuoco vide addormentata una vecchia donna. Stava quasi per svegliarla e chiederle ospitalità, quando una mano gli sfiorò la s Girandosi di scatto, si trovò davanti un giovane: era un guerriero che sottovoce, ma con tono imperioso, gli disse: "Per la notte copriti con questa!", e gli porse una coperta morbidissima, di lana pettinata, ricamata con colori accesi: nemmeno il tempo di ringraziare, ed era già sparito. La luce tenue dell'alba svegliò Ghior, che ancora sotto la sua coperta, si sentì invadere come una piena dal peso dei suoi perché e dei suoi dubbi antichi. La vecchia donna rientrando nella tenda con una brocca fumante di latte di capra e qualche focaccia gli disse: "Figliolo, smetti di tormentarti per nulla". "Ma la mia sofferenza e le mie disgrazie sono nulla?" rispose Ghior stupito e rattristato. "Figliolo - riprese la donna - smetti di tormentarti. Ciò che ti ha tenuto caldo durante la notte è proprio la risposta che cerchi". Ghior non capiva. Cos'era questa cosa che lo aveva tenuto caldo per tutta la notte...ed era anche la risposta ai suoi perché? Sfiorando il bordo della coperta, la morbidissima sensazione della lana si trasformò in una illuminazione: "La coperta, la coperta mi ha tenuto caldo, la coperta! Ma...come può essere la risposta ai perché complicati della mia vita?". Appoggiato il latte e le focacce per terra, la vecchia donna si chinò fino a sedersi al giaciglio di Ghior. "Guarda figliolo - disse mostrandogli un lato della coperta - cosa vedi?" "Dei colori bellissimi, e disegni ancor più belli ricamati con perfezione mai vista". "Ora guarda l'altro lato: cosa vedi?". "Vedo il tipico aggrovigliarsi dei fili del ricamo, colori sovrapposti, confusione, nodi curati ma sempre nodi, e tagli di filo e colori, intrecci imprevisti, senza senso, disegni incomprensibili e brutti da vedere". "Ecco figliolo, la vita, la tua vita è esattamente così: tu sei sotto il ricamo della vita, puoi vedere questa coperta solo da sotto; è la condizione umana. Nel frattempo, per te, su di te e dentro di te si ricamano dall'altro lato disegni e sfumature straordinarie e di una bellezza sconvolgente, e per questo ricamo a volte si rende necessario tagliare, fare nodi, correggere. Da qua sotto è ovvio che SENZA UN PO' DI FEDE e fantasia vedi solo tagli, nodi e confusione, ma guarda un po' cosa sta realizzando Dio su di te...un disegno bellissimo!" |
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04-11-12, 16:34 | #83 |
Riferimento: arciere
Un maestro spirituale, che teneva le sue lezioni nel tempio, si slogò un giorno una caviglia e, non volendo interrompere il suo corso, invitò gli allievi nella propria casa, sul fiume Xiang.
Pregò moglie e figli di starsene in disparte e nel massimo silenzio, perché gli allievi potessero trovarsi a loro agio nella sua dimora; e potesse trovarsi a proprio agio soprattutto lui, che era giunto a un punto fondamentale dell’argomentazione: la fede. La lezione si tenne nel massimo silenzio e raccoglimento, proprio come se la casa fosse un piccolo tempio. E il maestro ottenne un grande successo, toccando il cuore dell’uditorio specialmente quando insisté sulle illimitate possibilità della fede. "Ho saputo che Gesù il Nazareno", concluse, "ha detto che se ciascuno avesse anche solo un briciolo di fede, potrebbe trasportare le montagne. Sono d’accordò con lui. Se non trasportare le montagne, potremmo almeno, con un grammo di fede, attraversare il nostro fiume camminando sull’acqua". Quando gli allievi se ne furono andati, il maestro sospirò: erano anni che terminava la lezione sulla fede sempre nello stesso modo. Forse avrebbe dovuto cambiarlo. "Il trasportare le montagne o il camminare sul fiume", pensò, "sono esagerazioni che toccano la fantasia, ma non convincono certo la mente". Stava così pensando, quando vide sua moglie che camminava sul pelo dell’acqua con un figlioletto in braccio e una cesta in capo. "Che stai facendo, pazza?", le gridò con la voce strozzata. "Sto andando al mercato per la via più breve, secondo il tuo suggerimento", rispose lei, e raggiunse l’altra sponda. A quel punto, il maestro capì che nulla è esagerato nella fede. Ma, soprattutto, prese coscienza della propria incredulità. |
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04-11-12, 16:37 | #84 |
Riferimento: arciere
Un giorno, un uomo ricevette un messaggio. "Non puoi più fuggire", gli diceva, "di fronte al tuo compito di essere te stesso sino in fondo".
L'uomo lo attendeva da tempo, quel messaggio, e anche se talvolta aveva anelato che gli pervenisse, aveva poi fatto di tutto per sfuggirgli: cambiato identità, mutato dimora, addirittura alterato i tratti del suo volto. Ora si trovava con le s***** al muro. C'era però qualcuno, lo sapeva, che poteva aiutarlo: un vecchio dagli occhi di ghiaccio dei cui poteri molti, con volti obliqui e parole spezzate, narravano magnificenze. Lo aveva visto alcune volte sulle banchine del porto e i loro sguardi si erano incrociati, fondendosi per un attimo. L'uomo incontrò il vecchio alla radice del molo, intento a rappezzare una montagna di reti. Gli spiegò il suo problema. Forse lui conosceva una via di fuga? Gli occhi di ghiaccio assentirono. Ed una voce, corrosa dal tempo, così gli parlò: "Quel che tu chiedi ti costerà la tua anima. Sei disposto a cedermela? " L'uomo esitò. Il prezzo era davvero altissimo. Poi, disse di sì. Senz'anima, pensò, la sua fuga gli sarebbe stata facilitata. "Per fuggire il messaggio", gli disse il vecchio, "c'è un'unica via: raggiungere altre terre, altre dimensioni. Ti preparerò la strada questa notte. Vedi questo molo? Al calar del buio lo farò prolungare, per te, sino all'altra sponda. Dovrai correre, poiché essa è lontana e va raggiunta prima dell'alba". Spentosi il giorno, l'uomo salutò per un'ultima volta il suo villaggio e, raggiunta la testata del molo, dove ammiccava una lanterna rossa, proseguì di corsa il suo cammino. Ignorava come ciò potesse accadere. Una sorta di foschia, traforata ogni tanto da una luna storta e gialla come il cappello di un fungo velenoso, gli si spianava davanti spingendo a lato invisibili ostacoli. Il pensiero di doversi trovare a faccia a faccia con se stesso, nel grande occhio della verità - pensiero privo d'aria, di spazio e di respiro - dava alla sua corsa un impulso feroce. Correre lontano da sé significava fare come quei gabbiani neri che, con gemiti infantili, lo affiancavano a tratti nel cammino. "Oh, essere come loro inesistenti e fatui!" pensava l'uomo, piangendo forse di rabbia, di stanchezza o di rimorso: "Oppure con un'ala sola, come sono sempre stati i miei pensieri!". Il molo pareva non avesse fine, la corsa termine, la notte aurora. Invece ecco, al primo margine dell'alba, comparire ad un tratto un lume. E dietro al lume, alla fine della corsa, il suo villaggio, che lo guardava come se non lo avesse mai visto. Di fronte a sé l'uomo vide a pochi passi, come in attesa, una figura inquietante e famigliare. Si avvicinò e la riconobbe. Era lui stesso: vuoto e senz'anima. Perché sempre, in fondo a ogni fuga, troviamo ciò che abbiamo fuggito. E sempre, nella fuga, perdiamo l'essenza di noi stessi. |
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04-11-12, 16:38 | #85 |
Riferimento: arciere
Un giovane uomo di nome Sin-tang, avendo scoperto che vicino al suo villaggio c’era dell’ottima argilla, decise di fare il vasaio. Non scelse quest’arte perché nel villaggio non c’erano vasai, né per denaro o per ambizione, ma unicamente per il piacere che provava nel modellare la creta. Il suo lavoro gli dava una gioia intensa e di questa gioia i suoi vasi avevano il riflesso. Anche se le sue mani non erano particolarmente abili e il tornio che si era fabbricato era piuttosto rozzo, chi acquistava i manufatti di Sin-tang partecipava del diletto con cui erano stati fatti. Essi trasmettevano un senso di serenità e appagamento.
Un giorno giunse al villaggio un altro giovane uomo, che era stato a bottega da un celebre ceramista della capitale. Si chiamava Wun-ti. Oltre all’arte manuale, Wun-ti aveva appreso alcuni princìpi che nella grande metropoli erano fondamentali, e che Sin-tang ignorava del tutto: l’ambizione è la radice del successo, il successo è il sigillo della riuscita, la riuscita nasce dalla competizione. Non appena vide i modesti lavori di Sin-tang, Wun-ti capì che fare concorrenza al rivale gli sarebbe stato facilissimo. Aprì anch’egli una bottega di vasaio e, in breve tempo, grazie alla sua tecnica raffrnata, ai suoi torni perfezionati ed ai princìpi appresi, la dovette ampliare; i suoi prodotti, con il marchio del suo nome, erano venduti e apprezzati lungo tutte le rive dello Yang-tse. Quanto a Sin-tang, messo con le s***** al muro, non se la prese più di tanto. Qualche raro vaso gli era ancora richiesto dagli abitanti del villaggio e poiché egli non pensava al domani o perché, secondo lui, tale pensiero è sempre fonte di preoccupazioni e mai di gioie si rallegrava di poter fare ogni giorno il suo lavoro con intenso piacere, anche se i suoi vasi si accumulavano a dismisura nel suo magazzino. Il fatto che il vasaio del villaggio continuasse a sopravvivere infastidiva però Wun-ti, che un giorno gli fece questa proposta: gli avrebbe acquistato lui tutto il suo magazzino purché smettesse di fabbricare vasi. "I cocci del mio magazzino, te li regalo", rispose Sin-tang: "Quanto a smettere di fare il vasaio, mi chiedi una cosa impossibile. Una promessa però posso farti, se ti aggrada: pur continuando a far vasi, non ne venderò nemmeno uno". Era quanto voleva il concorrente, che mise sul mercato i cocci del piccolo vasaio ed una pietra su ogni possibile sorpresa del domani. La sorpresa però arrivò egualmente, e in una forma che Wun-ti non si sarebbe mai aspettato: nei panni di un messo dell’Imperatore. "Il Grande Sole del nostro Impero", gli disse costui, "ha notato, tra i tuoi vasi che sono pervenuti nella capitale, tre ciotole senza sigla; gli sono talmente piaciute che ti ordina di fargliene un servizio intero, di 650 pezzi, e nel più breve tempo possibile". Wun-ti si sentì mancare la terra sotto i piedi. Com’era possibile che quei modesti vasi, sicuramente opera di Sin-tang, fossero piaciuti all’Imperatore più dei suoi? E come avrebbe fatto, adesso, a obbedire all’ordine del Grande Sole dell’Impero? Corse dal piccolo vasaio. "Spiegami il tuo segreto", lo supplicò. "In cambio, ti darò qualunque cosa tu mi chieda". "Come posso darti il mio segreto se neppure io lo conosco?", gli rispose Sin-tang "L’unica cosa che ti posso dire è che provo un intenso piacere nel manipolare la creta. Forse un po’ di questo piacere va a finire nei miei vasi e vi rimane, mescolato alla materia. L’Imperatore si è dilettato del mio piacere: tutto qui". Wun-ti capì che né la sua arte raffinata, né la sua ambizione, né il suo successo potevano competere con un segreto così poco segreto e, per giunta, inimitabile. Chiese allora al piccolo vasaio di modellare lui le 650 ciotole richiestegli, nel poco tempo a disposizione. "Mi è impossibile", rispose questi. "Anche se lo volessi, al piacere non si comanda. La fretta e l’affanno sono nemiche della gioia". Wun-ti, allora, con la morte nel cuore, si recò a Corte e confessò tutto al Sovrano. Questi, che era davvero un Grande Sole, comprese; invitò presso di sé Sin-tang, ne apprezzò l’animo e gli argomenti e lo pregò di lavorare per lui impiegando il tempo necessano. Nel giro di due anni tutte le stoviglie gli furono consegnate. Non una era eguale all’altra. Ci si mangiava dentro con un gusto speciale. E anche solo a guardarle, era un piacere. Furono chiamate "Le stoviglie del diletto" e conservate con grande cura; nonostante ciò andarono quasi tutte distrutte nei turbini di guerre, terremoti ed incendi. Oggi, alle grandi aste, le ceramiche di Wun-ti raggiungono quotazioni altissime. Quelle di Sin-tang non hanno prezzo; coloro che ne posseggono una non la cederebbero per nessun motivo al mondo, tanto è raro avere un oggetto che ti sorride ogni giorno con amabilità e simpatia |
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04-11-12, 16:46 | #86 |
Riferimento: arciere
Un uomo aveva sempre il cielo dell'anima coperto di nere nubi. Era incapace di credere alla bontà, all'amore, alla solidarietà, ma soprattutto non credeva alla bontà e all'amore di Dio.
Un giorno, mentre era sulle colline che attorniavano il suo villaggio, sempre tormentato dai suoi scuri dubbi, incontrò un pastore. Il pastore era un brav'uomo, dagli occhi limpidi. Si accorse che lo sconosciuto aveva l'aria particolarmente disperata e gli chiese: "Che cosa ti turba tanto amico ?". "Mi sento immensamente solo", rispose l'uomo. "Anch'io sono solo, eppure non sono triste", disse il pastore. "Forse perché Dio ti fa compagnia?", chiese. "Hai indovinato !" rispose. "Io invece non ho la compagnia di Dio. Non riesco a credere al suo amore. Com'è possibile che ami gli uomini, uno per uno ? Com'è possibile che ami me?" "Vedi laggiù il nostro villaggio?" gli chiese il pastore. "Vedi anche le case e le finestre di ogni casa?" "Vedo tutto questo", rispose. "Allora non devi disperare. Il sole è uno solo, ma ogni finestra della città, anche la più piccola, la più nascosta, ogni giorno viene baciata dal sole, nell'arco della giornata". |
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04-11-12, 16:50 | #87 |
Riferimento: arciere
Nel Nord Africa, un missionario fu sorpreso dal curioso comportamento di un beduino.
Ogni tanto l'uomo si stendeva per terra, lungo e disteso sul terreno, e premeva l'orecchio contro la sabbia del deserto. Meravigliato, il missionario gli chiese: "Che cosa fai?". Il beduino si rialzò e rispose: "Amico, ascolto il deserto che piange. Piange perchè vorrebbe essere un giardino". Come vuoi che io parli di Lui? Non posso esprimerlo a parole. Devo viverlo e basta. Vorrei gridarlo, vorrei sbatterlo in faccia a tutti. Per la strada, nel metrò, l'indifferenze, il disprezzo, la collera che mi assale, vorrei distruggerli per sempre. Se questo è il volto di Dio, io sono pagana. Ma so che egli esiste nel mondo di uomini e donne che vivino semplivemente la vita e sanno, nel sorriso e nello sguardo, di poter accendere una stella nel cuore di un bimbo, di un povero, di un vecchio. Tutte queste stelle disperse, sparpagliate per il mondo, finiranno un giorno per abbracciare l'universo. Nel fuoco di amore e di gioia brillerà il volto di Dio, per grazia di alcuni. In loro io ho fiducia, voglio cercare di seguirli. In loro io credo. E il deserto fiorirà. |
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04-11-12, 16:53 | #88 |
Riferimento: arciere
C'era una volta un eremita così perfetto che aveva già un piede in Paradiso.
Viveva di quasi niente in una grotta scavata nei fianchi di una montagna verde dove raccoglieva frutti selvatici, bacche e qualche radice per il pranzo della domenica. "Come posso tentarlo?", si chiedeva continuamente il diavolo. Lo spiava, fiutava le sue impronte, lo esaminava dalla testa ai piedi per trovare il minimo punto debole. Niente. Pestava i piedi, si arrabbiava, imprecava. Finché decise di passare all'attacco diretto. Si presentò all'eremita, che stava rammollendo un pezzo di pane raffermo nell'acqua della sorgente. "Salve", gli disse Satana. "Sai chi sono io?". "Il diavolo", rispose tranquillamente l'eremita. "Dio mi ha dato il pennesso di tentarti. Vorrei che tu commettessi un peccato grave". "Parla", disse l'eremita. "Ti ascolto". "Assassina qualcuno". "No. E fuori discussione". "Allora assai una donna". "E' una cosa bestiale e disgustosa. Non lo farò mai. Vattene, diavolo. Non hai fantasia". "Almeno bevi un sorso di vino. Non è neanche un peccato. Accontentami". L'eremita sospirò: "Va bene. Un sorso non è nulla di male". Immediatamente gli comparve tra le mani una brocca di vino fresco e frizzante. Ne bevve un sorso. Prese fiato e ne bevve un altro. "Uhm", disse. "E' gradevole". Bevve un altro lungo sorso e disse: "E' forte... E' diabolico!". Cominciò a ridere stupidamente. Poi riprese a bere, malfermo sulle ginocchia. Una ragazzina saliva per il sentiero. "Buongiorno sant'uomo", disse. "Ti ho portato qualche mela e del pane". Ululando, con gli occhi annebbiati, l'eremita afferrò la ragazzina per i capelli e la sbatté a terra. La poverina urlò con tutte le sue forze. Suo padre, che lavorava nei campi, la udì e accorse. L'eremita vedendo arrivare l'uomo afferrò una grossa pietra e lo colpì con tulle le sue forze. Quando ritornò in sé, l'eremita vide l'uomo che giaceva ai suoi piedi in un lago di sangue. "Credo che sia morto", disse Satana, con aria virtuosa. Raccolse un fiore e se lo mise in bocca. L'eremita si gettò in ginocchio inorridito: "Signore Dio, che cosa ho fatto?". Il diavolo rispose: "Di tre mali hai scelto il minore. Questo ti farà passare lunghe giornate in mia compagnia". Fischiettando, con le mani in tasca, si avviò. Dopo qualche passo si fermò, si voltò e come chiamasse un vecchio compagno di strada, disse: "Allora, eremita, vieni?". Non esistono mali minori... |
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04-11-12, 17:01 | #90 |
Riferimento: arciere
In un deserto aspro e roccioso vivevano due eremiti. Avevano trovato due grotte che si spalancavano vicine, una di fronte all'altra.
Dopo anni di preghiere e feroci mortificazioni, uno dei due eremiti era convinto di essere arrivato alla perfezione. L'altro era un uomo altrettanto pio, ma anche buono e indulgente. Si fermava a conversare con i rari pellegrini, confortava e ospitava coloro che si erano persi e coloro che fuggivano. "Tutto tempo sottratto alla meditazione e alla preghiera" pensava il primo eremita. Che disapprovava le frequenti, anche se minuscole, mancanze dell'altro. Per fargli capire in modo visibile quanto fosse ancora lontano dalla santità, decise di posare una pietra all'imboccatura della propria grotta ogni volta che l'altro commetteva una colpa. Dopo qualche mese davanti alla grotta c'era un muro di pietre grigio e soffocante. E lui era murato dentro. Talvolta intorno al cuore costruiamo dei muri, con le piccole pietre quotidiane dei risentimenti, le ripicche, i silenzi, le questioni irrisolte, le imbronciature. Il nostro compito più importante è impedire che si formino muri intorno al nostro cuore. E soprattutto cercare di non diventare "una pietra in più nei muri degli altri". |
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Tag |
arciere, awards, medaglia, planetario |
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